Marina di Pisa: “Il paese di sabbia e di ragia”

Sfondo e ispirazione di alcune poesie del vate D'Annunzio, il paese adagiato sulla foce dell'Arno ha una storia ultrasecolare che inizia con l'arrivo dei Savoia.

Da generazioni i cittadini pisani sono abituati a vedere Marina di Pisa con il caratteristico panorama delineato dagli scogli artificiali, posizionati come frangiflutti contro la furia del mare e delle proverbiali libecciate. Non tutti forse sanno, però, che il paese simbolo per eccellenza della stagione estiva nei suoi primi anni di vita ispirò, con le sue spiagge, diversi componimenti all'illustre poeta Gabriele D'Annunzio. Ma come arrivò il famoso vate sulla costa pisana? Tutto partì dalla casata dei Savoia, e più precisamente dal re Vittorio Emanuele II.

1. Lo sfratto 'reale'
Marina di Pisa, già ribattezzata nel corso del 16° secolo Boccadarno, è il frutto di uno sfratto. Curioso a dirsi, ma non c'è fotografia migliore per rendere l'idea dell'atto di nascita del paese adagiato sulla sponda sinistra dell'Arno. Fu infatti Vittorio Emanuele II, novello re dell'Italia unificata, a volere che il nucleo abitativo e commerciale si installasse su quella porzione di territorio. Questo in conseguenza del fatto che il monarca sabaudo volle appropriarsi della totalità della tenuta di San Rossore, impedendo l'accesso alla spiaggia del Gombo alla cittadinanza pisana.
A subire la decisione reale fu la famiglia dei Ceccherini, possidenti e commercianti originari di San Giuliano Terme, che sulla sponda destra dell'Arno, all'interno di San Rossore, avevano aperto i primi, rudimentali, stabilimenti balneari. La famiglia dei Savoia andò contro alla scelta dei suoi predecessori, i Lorena, che avevano costruito la via del Gombo per consentire al popolo di poter godere di una scampagnata in riva al mare durante i giorni di festa. Con il tempo la spiaggia venne frequentata anche da personaggi illustri, vere e proprie celebrità che scelsero la costa pisana per i loro 'bagni di sole': uno di questi fu il compositore Franz Liszt.
Dopo essersi insediato a capo dell'Italia, Vittorio Emanuele II lasciò intendere di mal digerire il traffico 'popolare' sui suoi possedimenti, e nel 1865 riuscì a tradurre in pratica il suo desiderio. La famiglia Ceccherini lasciò San Rossore l'anno dopo, intascando una somma di quarantamila lire ed una porzione di territorio sulla sponda opposta dell'Arno.

2. La prima espansione di Marina di Pisa
Nel 1878 venne definitivamente completata la via dell'Argine (l'odierno viale D'Annunzio): lungo questa nuova arteria la cittadinanza pisana poteva così recarsi in carrozza al mare. Ma ancora prima di questa strada, Vittorio Emanuele II aveva messo a disposizione dei suoi sudditi - forse per farsi in parte perdonare dello sgarbo arrecato qualche anno prima - un piccolo battello a vapore: dal 1869 questa imbarcazione faceva la spola fra la città e la foce dell'Arno durante i mesi estivi.
Il vero mezzo di trasporto popolare però fu un altro ancora, e fece la sua comparsa nel 1892: era il cosiddetto 'trammino', conosciuto ancora oggi fra le generazioni nate fra gli anni '40 e '50. La linea ferroviaria, partita dal centro, grazie ad una locomotiva a vapore transitava lungo via dell'Argine per giungere in via Maiorca, e si affacciava poi sul mare passando per piazza delle Baleari e terminando la sua corsa in piazza Gorgona. Le corse giornaliere erano quattro, e duravano 45 minuti l'una.
Seguendo le indicazioni del piano regolatore del 1872, il nuovo insediamento iniziò a svilupparsi verso sud, seguendo il disegno geometrico pensato dall'ingegnere Francesco Bernieri.

3. Luogo di ispirazione dannunziana
Marina di Pisa oltre che dai semplici cittadini pisani, iniziò ad essere frequentata anche da personaggi di un certo calibro e celebrità di livello nazionale. Il caso più famoso ovviamente è l'assidua frequentazione di Gabriele D'Annunzio, che nel paese 'di sabbia e di ragia' prese anche casa. E dal quale si lasciò ispirare nel componimento di alcuni versi immortali contenuti nella raccolta Alcyone: è il caso della poesia "Pioggia nel pineto" e di "Bocca d'Arno".
A convincere il vate a traslocare nel 1898 sulla costa pisana fu il suo grande e tormentato amore: Eleonora Duse. La 'Divina' quasi venti anni prima aveva incontrato la neonata Marina di Pisa in un momento di profondo dolore personale, giusto poco prima di iniziare la relazione con il poeta pescarese. In terra pisana, per la precisione a San Piero a Grado, è sepolto il figlio segreto dell'attrice: fu il frutto della breve e sfortunata relazione con il giornalista napoletano Martino Cafiero, che dopo averla messa incinta la abbandonò prima del parto, a soli venti anni.
La Duse giunse a Marina nel 1880 accompagnata da Matilde Serao, altra giornalista partenopea, e qui dette alla luce suo figlio. Dopo pochi giorni però il neonato morì, facendo piombare in una forte depressiona la celebre artista. Qualche anno dopo, ardente d'amore e di passione per D'Annunzio, stipulò un contratto di affitto del palazzo della Dogana Vecchia con gli eredi della famiglia Ceccherini, che ancora possedeva la maggior parte dei lotti sui quali poi si è sviluppata l'odierna Marina di Pisa.

4. Il mare dà, il mare toglie
Nonostante sia stata fondata come cittadina balneare, per la villeggiatura e lo svago, Marina di Pisa ha avuto, sin dai suoi primi anni di vita, un rapporto conflittuale con il proprio mare. Le particolari condizioni della costa, dei venti e delle correnti infatti hanno spesso fatto sì che le mareggiate erodessero corpose porzioni di sabbia. Molti anni, numerose mareggiate e libecciate devastanti dopo, la situazione del litorale di Marina è quello che si può vedere oggi, con gli scogli artificiali e la sabbia quasi del tutto scomparsa dal suo litorale.
Già nel 1899 il comune di Pisa dette il via alla costruzione di un frangiflutti contro la continua erosione del tratto di spiaggia compreso fra il vecchio Ospizio Marino e la foce dell'Arno, prevedendo una spesa di 2500 lire. Pochi mesi dopo la spesa venne alzata a 16500 lire, per costruire ben quattro dighe per combattere i fenomeni marini. Tutti interventi riparatori ed estemporanei che, come è possibile valutare al giorno d'oggi, non hanno impedito al mare di esigere un conto salatissimo alla costa litoranea di Marina di Pisa.

5. La fabbrica di idrovolanti
Nel 1903 i fratelli Wright, negli Stati Uniti, effettuarono il primo volo di un essere umano a bordo di un macchinario spinto da un motore a scoppio. Poco più di un decennio dopo, nel 1917, su una porzione di terreno intorno al palazzo della Dogana Vecchia si installò un piccolo cantiere di proprietà dell'ingegner Gallinari, proveniente da Livorno: prese così vita la fabbrica di idrovolanti, che segnò per sempre la vita, il panorama e l'immaginazione di Marina di Pisa e dei suoi abitanti.
La posizione era strategica: vicino alla foce del fiume Arno, affacciato sul mare, il cantiere consentiva il collaudo, la partenza e l'atterraggio degli idrovolanti. La fabbrica però, con i suoi forti rumori, la pesantezza dell'acciaio e l'ingombrante indotto che si attirava dietro, mal si sposava con le eleganti linee delle palazzine in stile 'liberty' e gli 'chalet' che caratterizzavano Marina di Pisa. Ma la produzione di questi velivoli aveva raggiunto un'importanza ormai molto grande in tutta Europa, al punto che non soltanto il cantiere restò dov'era, ma si ampliò arrivando addirittura ad essere la sede della Società anonima italiana costruzioni meccaniche, con un capitale di un milione di lire. La neonata azienda collaborava a stretto contatto con la Germania e l'ingegnere Dornier, importando a Marina di Pisa conoscenze, tecnologie e maestranze tedesche.
Nel tempo la fabbrica riuscì ad imporsi come punto focale della produzione di idrovolanti, adibiti sia ad uso civile che militare. Nel 1925, ad esempio, il mitologico esploratore norvegese Amundsen partì per la sua spedizione al Polo Nord a bordo di due velivoli sfornati dall'impianto di Marina di Pisa. E ovviamente anche il regime fascista appuntò le proprie attenzione su questo centro produttivo, vista la ferma intenzione di sviluppare un corpo aeronautico di primo livello. E proprio con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Marina di Pisa divenne un centro produttivo centrale per il supporto dello sforzo italiano. Al punto che venne poi colpito con durezza dai bombardamenti alleati prima della liberazione di Pisa e del suo territorio dall'occupazione nazista nell'agosto del 1944.
La cittadina balneare ormai aveva cambiato definitivamente volto, e da luogo di villeggiatura diventò insediamento incentrato sulla produzione industriale: la fabbrica infatti nel dopoguerra venne rilevata dalla Fiat, che vi impiantò la produzione di alcune parti dei modelli storici della casa automobilistica torinese negli anni '50 e '60.

6. La crisi, e il porto
Con gli anni '60 iniziò anche il declino definitivo dell'impianto industriale marinese, che entrò in una crisi inarrestabile favorita anche dal progressivo distacco con cui la Fiat gestiva il centro produttivo. E proprio in questo periodo cominciarono a circolare le voci di un porto al posto della fabbrica. Da quel momento ai giorni odierni di progetti di questo tipo ne sono stati presentati ben quattordici, e soltanto l'ultimo è riuscito a percorrere l'intero iter burocratico, giungendo fino all'avvio dei lavori del 9 ottobre 2007.
Facciamo però un breve passo indietro: la fabbrica, che nel frattempo aveva innalzato l'insegna della Motofides, chiuse definitivamente i battenti nel 1986, sgombrando il campo anche alle ultime resistenze verso il progetto della costruzione di un porto. 21 anni dopo un centinaio di microcariche di dinamite ha fatto saltare i ruderi degli imponenti capannoni della Motofides, provocando la forte commozione di tutto il paese di Marina e dei lavoratori che alla catena di montaggio avevano dedicato buona parte delle loro vite. Con l'abbattimento dell'impianto industriale il panorama marinese ha riavvolto il nastro di quasi un secolo: senza più i cantieri il sole ha potuto riaffacciarsi sull'angolo più settentrionale della foce dell'Arno, e da lì invadere il litorale scorrendo lungo gli scogli, le banchine, i moli e le imbarcazioni.
Dove un tempo c'erano la sabbia e la ragia, fonti di ispirazione per D'Annunzio e sogno di una località di villeggiatura di respiro nazionale, adesso sorge il Porto di Boccadarno, illuminato da una luce che fa da linea di congiunzione fra il passato ed il futuro.